il cinema indipendente da ogni parte del mondo
Anche per il 2025 si rinnova la collaborazione tra Biblioteca Amilcar Cabral e Fondazione Cineteca di Bologna per la XXXIX edizione del festival
Il Cinema Ritrovato, in particolare per la sezione Cinemalibero.
Gli undici film restaurati in programma - scrive Cecilia Cenciarelli nel catalogo del festival - si articolano lungo un arco temporale che va dai primi anni Sessanta alla metà degli anni Ottanta all’interno di una topografia cinematografica che fa della marginalità il suo centro di indagine. Quest’anno sono le voci meno note della fondamentale stagione del cinema di liberazione latinoamericano, quelle silenziate dal regime iraniano, dalle repressioni del mondo arabo e dalla violenza coloniale.
Tra le proposte in programma, segnaliamo in particolare le due opere ‘rivoluzionarie ad litteram’ O Regresso De Amílcar Cabral di SanaNa N’Hada (Guinea-Bissau-Svezia, 1976) – prima produzione di cineasti guineani dopo la liberazione dal colonialismo portoghese – e Mortu Nega di Flora Gomes (Guinea-Bissau, 1988), oltre alla presentazione del libro Labanta! ex colonie portoghesi e cinema italiano a cura di Andrea Gelardi, Luca Peretti, Paola Scarnati, Effigi, 2024, il 28 giugno h 19 in piazzetta Pasolini.
Il restauro di entrambi i film fa parte dell’African Film Heritage Project, creato da The Film Foundation’s World Cinema Project, FEPACI e UNESCO – in collaborazione con Cineteca di Bologna – a sostegno del restauro e della diffusione del cinema africano.
Nei prossimi giorni verrà pubblicato il programma completo e segnaleremo tutte le proiezioni di film e documentari da non perdere.
O Regresso De Amílcar Cabral di SanaNa N’Hada (Guinea-Bissau-Svezia, 1976)
La realtà della morte di Amílcar Cabral cominciò a insinuarsi nella mia coscienza in modo subdolo e insidioso. L’idea dell’uccisione del compagno Cabral mi sembrava surreale. Mi rifiutavo assurdamente di crederci, ma i continui combattimenti ovunque mi riportavano alla realtà: l’ira dei militanti per la morte del loro capo si esprimeva apertamente. Appena giunto a Conakry, presso il Segretariato Generale del PAIGC [Partito Africano per l’Indipendenza della Guinea e di Capo Verde], il nostro gruppo di quattro cineasti ebbe un incontro con la vedova di Amílcar Cabral, la compagna Ana Maria. Ci raccontò dell’ultimo viaggio fatto con suo marito prima di rientrare a casa quella notte. L’auto in cui viaggiavano era ancora sul luogo della tragedia, con un foro di proiettile in una delle portiere. La macchia brunastra del sangue di Cabral imbrattava il suolo. Ana Maria ci disse che Amílcar Cabral si era rifiutato categoricamente di lasciarsi legare, con le mani dietro la schiena, e ancor più di essere portato a Bissau come volevano i suoi assassini. Al contrario, Amílcar Cabral aveva insistito con forza perché lo seguissero nel suo ufficio per un serio confronto. Anche dopo essere stato colpito per la prima volta voleva ancora sapere cosa stesse succedendo e perché. Non ricordo più cosa mi accadde quel giorno, né come arrivai a Dakar. So solo che, mentre ero ancora a Conakry, rifiutai l’invito ad assistere al processo contro gli assassini di Cabral.
Sana Na N’Hada, intervistato da Marta Lança, “Buala”, 17 marzo 2025 (dal catalogo de Il Cinema Ritrovato 2025).
Mortu Nega di Flora Gomes (Guinea-Bissau, 1988).
La guerra iniziò quando ero adolescente. La mia famiglia si trasferì da Cadique a un’altra regione, e fu lì che incontrai Amílcar Cabral. Mi aspettavo un uomo alto, ma vidi un gigante! Cabral voleva documentare la nascita del nostro paese, e a tal fine mandò un gruppo di noi a Cuba, a studiare all’Istituto Cubano del Arte e Industria Cinematográficos (ICAIC). Al nostro ritorno ci chiese di documentare la vita nelle regioni liberate – la guerra, ma anche la quotidianità della gente nelle campagne, e com’era la vita sotto il dominio portoghese. Aveva una visione chiara di ciò che il cinema poteva fare. Avevamo ereditato un paese con un altissimo tasso di analfabetismo, ed è per questo che Cabral voleva che rappresentassimo la vita attraverso le immagini, non le parole. Il suo obiettivo non era semplicemente liberare Capo Verde o la Guinea-Bissau, ma liberarci dalla paura e dall’ignoranza: avrebbe potuto investire in armi, e invece ci diede delle macchine da presa. In un certo senso, lo considero il nostro primo regista. [...] Quando il film fu pronto lo mostrammo a Chris Marker, che non era solo un uomo di enorme intelligenza ma anche uno dei nostri maestri. [...]. Ho cercato di raccontare così tante storie con questo film! È come condensare un discorso di centinaia di pagine in pochi secondi. Mortu Nega è la storia di una donna che decide di unirsi alla lotta, perché vuole essere libera e non c’è niente al mondo come il desiderio di libertà. Ma nello stesso tempo ha nostalgia di suo marito. Lo cerca per mesi, anni. La storia è intima come l’odore del tabacco. Nel film, Diminga porta con sé tabacco invece che cibo, perché ci sono così tante persone che non potrebbe mai sfamarle tutte. Ma può portare e condividere il tabacco. Era importante che il film parlasse di questi piccoli dettagli. La storia finisce quando diventa chiaro che Cabral è morto; tutto ciò che ha costruito è stato smantellato. Diminga, che ha perso tutto, torna al suo villaggio decisa a coltivare la terra. Può sembrare che la lotta sia finita, ma non è così. Gli avvoltoi sono ovunque.
Flora Gomes, estratto da un’intervista di Ela Bittencourt, “Metrograph”, giugno 2022 (dal catalogo de Il Cinema Ritrovato 2025).

Mortu Nega di Flora Gomes (Guinea-Bissau, 1988)
Courtesy Cineteca di Bologna